Storia e passione di 3 generazioni in bottega
La vita è come andare in bicicletta: se vuoi stare in equilibrio devi muoverti. (Albert Einstein)
La mia esperienza lavorativa con le biciclette inizia nei primi anni ‘70 quando, a seguito della scomparsa di mio zio Bruno, subentrai in “bottega” ad aiutare il mio babbo Aldighiero.
Ricordo che quel periodo segnò una svolta epocale per la biciletta: dall’esser considerata quasi solamente come un semplice mezzo di trasporto, cominciò a essere vista anche come un bene ricreativo, per fare passeggiate, per fare sport, un passatempo.
Ma facciamo qualche passo indietro. Poco prima della seconda guerra mondiale, più precisamente nel 1937, mio babbo Aldighiero e mio zio Bruno decisero di avviare un’attività che potesse soddisfare le esigenze e le richieste legate al mondo della bicicletta: nacque, appunto ad Orbetello, “La Casa del Ciclo”, ubicata nella stessa sede dov’è oggi, a distanza di oltre 80 anni.
Presto si rivelò la scelta giusta, all’epoca l’auto era un privilegio di pochi, e la bicicletta era quindi il mezzo di trasporto più accessibile. Non solo, anche dal punto di vista sportivo, il ciclismo era molto di moda, con un seguito paragonabile al calcio di oggi.
Ad Orbetello si svolgeva il famoso “giro delle mura” e tutto questo entusiasmo per il ciclismo culminava con le “feste di maggio”, durante le quali veniva organizzato il cosiddetto “Circuito degli Assi”, a cui partecipavano tutti i campioni del ciclismo italiano del momento come Bartali, Magni, Cinelli, Girardengo, Bini e molti altri, tra cui anche mio zio Luigi, buon professionista, campione provinciale conosciuto e ammirato in tutta la provincia, al punto che venivano addirittura a trovarlo e ad allenarsi con lui, e molto amico di Bartali e Magni.
Durante questo periodo “La Casa del Ciclo” era quindi frequentata da noti ciclisti e ne divenne il punto di riferimento.
Poi arrivò la seconda guerra mondiale, ma anche durante quel triste periodo storico, “La Casa del Ciclo” rimase una certezza per il mondo della bicicletta, sia perché la bici divenne il mezzo di trasporto principale per le donne chiamate in fabbrica (presso il polverificio ex Sipenobel) per lavorare al posto degli uomini a loro volta chiamati alle armi, sia perché la bici era utilizzata dai molti avieri italiani e tedeschi che vivevano ad Orbetello.
Finita la guerra, dopo un periodo di pausa e riorganizzazione generale, bisogna aspettare gli anni ‘50 prima di rivedere una ripresa del mercato, tant’è che la bicicletta rimane un bene ancora non accessibile a tutti, era il periodo del noto film “ladri di biciclette”, e pure durante gli anni ‘60, dopo il “boom” dell’automobile, la bicicletta viene ancora considerata solamente come un mezzo di trasporto per andare a lavoro. Solo dopo acquisì la veste di un bene destinato anche al divertimento e al passatempo.
Oggi sono giunto quasi al termine della mia esperienza lavorativa e collaboro con i miei figli, Riccardo e Alessandro, per far sì che proseguino l’attività di famiglia, felice di aver trasmesso loro la stessa emozione che mi era stata tramandata dal mio babbo, ovvero l’amore e la passione per la bicicletta.
Gastone Mandragora